Caro Giacomo,
Il problema della purezza della lingua italiana, dai tempi della “Proposta Cassese” (dell’”obliterare”, per intenderci), è e rimarrà irrisolto, perché ad una certa Pubblica Amministrazione fa e farà sempre comodo un po’ di burocratese.
Io sono uno di quelli che tu giustamente definisci “puristi”, ma ho finito, o meglio, ho desistito, di indignarmi, se leggo “un pò” o sento /lunédi/ è segno che ormai l’italiano ha fatto il suo tempo. Purtroppo, però, l’italiano è riuscito a storpiare anche l’inglese, sia negli accenti /ìnternet/, sia nei significati: education si traduce istruzione, perché di questi tempi l’educazione è una merce rara.
Il difetto principale delle varie direttive o regolamenti è di abbassare il livello qualitativo della lingua, affinché sia compresa da tutti, e non, invece, aumentare almeno tra i giovani, la comprensione e di conseguenza l’uso di un linguaggio appropriato.
Te lo dice uno che vive in Friuli Venezia Giulia, regione che spende denaro pubblico non per l’insegnamento dell’inglese o dell’italiano ma del friulano (quale, poi?). Io sono giuliano, ma molti friulani sono d’accordo.
Ardovig
Il problema della purezza della lingua italiana, dai tempi della “Proposta Cassese” (dell’”obliterare”, per intenderci), è e rimarrà irrisolto, perché ad una certa Pubblica Amministrazione fa e farà sempre comodo un po’ di burocratese.
Io sono uno di quelli che tu giustamente definisci “puristi”, ma ho finito, o meglio, ho desistito, di indignarmi, se leggo “un pò” o sento /lunédi/ è segno che ormai l’italiano ha fatto il suo tempo. Purtroppo, però, l’italiano è riuscito a storpiare anche l’inglese, sia negli accenti /ìnternet/, sia nei significati: education si traduce istruzione, perché di questi tempi l’educazione è una merce rara.
Il difetto principale delle varie direttive o regolamenti è di abbassare il livello qualitativo della lingua, affinché sia compresa da tutti, e non, invece, aumentare almeno tra i giovani, la comprensione e di conseguenza l’uso di un linguaggio appropriato.
Te lo dice uno che vive in Friuli Venezia Giulia, regione che spende denaro pubblico non per l’insegnamento dell’inglese o dell’italiano ma del friulano (quale, poi?). Io sono giuliano, ma molti friulani sono d’accordo.
Ardovig